La sindrome di cui sopra ha forse colpito Cristiana ben più che il sottoscritto e si è materializzata a Troutbeck House con la cucina ormai montata ma intoccabile e priva di luci e lo strato sottile di polvere bianca.
Questo giro d'Italia non mi è piaciuto: le feste comandate non aiutano, il tira e molla delle location altrettanto. Tirati e lasciatisi tirare tra Veruno e Candelo, siamo scoppiati, fino a trovare pace di coppia e furore di sensi solo alla tavola de Il Timone grazie a una sequenza di memorabili antipasti di pesce seguiti da un piatto di gnocchetti ad hoc.
Pietro si è dedicato a noi una sera e chissà che davvero noi non si apra un ristorante a Londra insieme.
Bisogna trovare un centro mi ripetevo (e mi ripeto), il solito quello della gravità se non permanente almeno di parziale durata.
Veruno è un blocco edipico che io non sblocco e a Candelo c'è troppo disordine: io mi confino nei bagni a leggere duemila noiosissime novelle e penso ad altro.
Meglio viaggiare lungo l'Italia; meglio preparare un pranzo per Daniela (alias Povera Pazza) e da Daniela (sempre Povera Pazza) e osservare il mondo dal suo terrazzo; meglio distendere lo sguardo tra le colline novaresi al volante di un auto a noleggio; meglio accendere il camino con la scusa della mezza stagione e poi aprire le finestre perché fa improvvisamente troppo caldo.
Non posso costruire un centro di gravità stando a Londra, ma non sono in grado di costruirlo nemmeno "in presenza". Quando sono in Italia infatti, di base a Veruno, sono sparpagliato, dislocato, mi persuado e mi dissuado, tutto da solo, dentro un labirinto di (auto)analisi, né Teseo, né Minosse!
Cristiana scaccia i suoi fantasmi e fa quello che può per aiutarmi; per fortuna i bambini sono sempre felici: gli spazi, il verde, i coetanei, i nonni e gli animali abitano tutti dentro il mito e l'innocenza del viaggio in Italia.
Mio padre è l'inerte guardiano della casa e di ogni cosa che mi appartiene e non parlo degli oggetti, che hanno vita più lunga della nostra.
Tra domande mal poste e risposte mal date io e lui non abbiamo nulla da dirci perché nulla ci accomuna, ad eccezione del sangue, dove le radici affondano, albero da albero, ramo da ramo.
Tocca a me insomma: gestire il rapporto o il conflitto è cosa ardua, ma non c'è alternativa.
Al punto che per un po' me ne starò a Londra, asciugherò qui le mie piume oppure con un unguento aromatico curerò le mie invisibili ferite e Cristiana con me.
Andy martedì darà gli ultimi ritocchi alla cucina, poi nuovi menù, cene, pranzi e angeli alla mia tavola.
Il passato è una terra straniera.
grazie fra, anche io sono dentro ad un labirinto, come tanti magari... ti abbraccio
RispondiEliminap.
Aprire un ristorante a Londra?
RispondiEliminaAvendo davanti cinque anni di tagli e di risparmi all'osso per risanare le casse dello stato e i portafogli vuoti degli Inglesi dopo il fallimentare tredicennio socialista alla Mortadella di Bologna?
Tu devi esser pazzo!
Se c'e' un posto dove vale la pena aprire ristoranti quello e' l'Italia: almeno il cliente, se lavori bene, ti da' soddisfazione.
L'Inglese, anche quando mangia nei posh ristoranti di Kensington fequentati dalla Diana e dai Rolling Stones, non riesce ancora a distinguere un pezzo di merda da un pezzo di cioccolato.
Basta che il conto sia salato e dice che ha mangiato benissimo. E se il conto non e' salato dice che ha mangiato bene e che ha speso poco.
Cioe' al Macdonald's o al Pizza Hut.
Oppure quando si fa arrivare a casa il "Take Away, dal "cinese" all'angolo.
Viva l'Italia!
Gennaro Napolitano
peccato che nn ti abbia tirato su di morale la cena notturna in riva al lago....
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